La rete delle canalizzazioni nel territorio vercellese


Nell’area vercellese i primi canali risalgono a quando il riso non c’era ancora. Tra le testimonianze in tal senso più antiche dell’intero Piemonte vi sono gli Statuti di Vercelli del 1241, in cui si già si trattava della roggia del Comune di Gattinara che, derivata dalla destra del Sesia in territorio di Romagnano, doveva servire ad irrigare i territori di Gattinara, Lenta e Ghislarengo. Ma già nel XII secolo si trova menzionata la roggia marchionale di Gattinara, anch’essa derivata dal Sesia.

Dal 1387 si hanno invece documenti relativi al roggione Sartirana, derivato anch’esso dal Sesia e lungo oltre 30 chilometri, mentre risalgono al medesimo XIV secolo notizie sulla roggia Tricerro, su quella di Buronzo (concessa dall’imperatore ad alcuni feudatari) ed altre. Successivamente si hanno testimonianze relative alla Biraga, che fu aperta dietro concessione del Comune di Vercelli nel 1424, e alla Molinara di Balocco, realizzata per concessione del duca Amedeo VIII di Savoia nel 1448, con lo scopo di irrigare i terreni di Balocco e Villarboit. A questo stesso anno risale l’avvio di un titanico progetto per il Naviglio di Ivrea. Alla metà del Quattrocento risale uno dei primi interventi dei monaci, i quali idearono e fecero realizzare il cosiddetto roggione di Trino. Altri importanti interventi risalgono alla metà del Cinquecento, quando ormai la coltivazione del riso era diventata una realtà in zona. 

Alle soglie del suo ritorno in Piemonte, nel trentennio che va dal 1554 al 1584, era intanto stato realizzato il roggione di Vercelli, che traeva le proprie acque dal tratto in cui l’Elvo confluisce con il Cervo a Quinto. Con il Settecento, età dell’Illuminismo e degli Stati assoluti, le autorità governative assunsero piena consapevolezza dell’importanza dell’irrigazione per la risicoltura. Se non fu possibile irrigare, come auspicato, l’intera Baraggia, in soli quattro mesi venne però scavato e messo in funzione il canale che si diparte dalla Dora Baltea all’altezza di Mazzè, fermandosi all’Elvo, passando prima per Cigliano e poi, verso Est, per Bianzè, Santhià e Carisio. Ultimato nel 1785, ebbe nome “Canale di Cigliano”, dal 1887 ribattezzato “Canale Depretis”.

È solo nell’Ottocento che l’acqua arriva dappertutto. Il demanio, tornato proprietario sin dal 1820 del Naviglio di Ivrea, aveva ricongiunto in questo modo tutte le derivazione della Dora Baltea. L’intento era quello di aprire nuove canalizzazioni e accentrare la gestione delle acque: per iniziativa governativa nacque l’Azienda dei Canali Piemontesi che mantenne questa denominazione fino alla nascita del Regno d’Italia. Ma per migliorare la gestione del nuovo sistema irriguo vercellese occorreva trasformare gli stessi utenti in gestori della rete. L’infaticabile Conte Camillo Benso di Cavour, allora Ministro dell’Agricoltura, preparò un progetto veramente innovativo per l’epoca. Si trattava di “affidare direttamente agli agricoltori, riuniti in associazione, la gestione delle acque fino allora concessa dallo stato ai privati appaltatori”.

Il progetto fu presentato al Consiglio Provinciale di Vercelli, di cui Cavour era Presidente, nel 1851. Si accentravano tutte le acque vercellesi in un’unica, razionale ed equa gestione formata dai proprietari dei fondi riuniti in un Consorzio. Il Consiglio emanò un capitolato che costituì l’Associazione di Irrigazione all’Ovest del Sesia. Ma Cavour, diventato Primo ministro, andò oltre. Il 7 maggio 1853 fece approvare dal Parlamento Subalpino la legge che costituirà l’Associazione, ponendo l’accento sul fatto che per la prima volta “3500 agricoltori si riunivano in un’associazione”. L’appellativo “Consorzio irriguo” comparve allora per la prima volta nel Codice italiano. La nuova legge venne promulgata da re Vittorio Emanuele II il 3 luglio 1853.

Gli associati pagavano in natura: un sesto del raccolto più 80 litri di risone non essiccato che venivano stoccati nei magazzini consortili di Salasco. Dopo tre anni, si passerà ad un versamento in denaro. Da qui in poi, l’azione pubblica e dell’Associazione Ovest-Sesia tenderanno a riscattare la maggior quantità possibile di acque private per aggiungerle nella gestione consortile, incrementando anche il numero degli utenti. Ma l’opera più utile alla risicoltura vercellese è, senza dubbio, il canale Cavour. Ha una portata massima di 110 metri cubi al secondo. L’acqua viene captata dalla traversa di Chivasso, lunga ben 470 metri, che la incanala nella monumentale chiusa multipla che regola il flusso del canale. È lungo 82,2 Km con una pendenza di circa tre metri per tutto il percorso. Segue, grosso modo, la curva di livello che delimita l’alta pianura dalla bassa pianura vercellese. I grandi fiumi che incontra vengono superati con opere di alta ingegneria.

La Dora Baltea è oltrepassata con un lungo ponte che ha resistito a tante alluvioni disastrose. Il Sesia è attraversato con una lunga “tomba” sotto il greto. Infine, il canale Cavour getta le sue acque residue nel Ticino. Per integrare la portata, a Saluggia riceve le acque della Dora Baltea attraverso il canale Farini mentre a Novara riceve parte di quelle del canale Regina Elena. Fu l’agrimensore Francesco Rossi a dimostrare che era possibile aprire la derivazione a valle della confluenza della Dora Baltea per avere fin dalla sua origine un canale alimentato dai due fiumi. Ma il progettista incaricato fu un altro, Carlo Noè, che, nel 1846, stilò il progetto definitivo. I lavori per la realizzazione del canale Cavour ebbero inizio solo nel 1863, dopo che il Parlamento italiano, allora di sede a Torino, aveva votato nel 1862 il “Progetto di legge relativo alla concessione per la costruzione di un canale d’irrigazione da derivarsi dal Po a Chivasso”. La concessione venne affidata a una società anonima costituita con capitali inglesi, la “Compagnia dei canali d’irrigazione italiani – Canale Cavour”. Dopo la posa della prima pietra, il canale fu realizzato in poco più di mille giorni, cioè in 2 anni e 10 mesi, e venne inaugurato il 12 aprile 1866. Fu intitolato per volere dei ministri Quintino Sella e Gioacchino Pepoli, lo statista scomparso che tanto si era battuto per la risicoltura e per la realizzazione del canale.

La Compagnia costruì anche il canale Lanza, a valle di Casale (con il diramatore di Mellana), ma non riuscì mai a realizzare i ricavi sperati e a ripagare l’investimento. Così i canali passarono nel 1874 sotto il diretto controllo statale e sotto la gestione del Demanio e dell’Associazione di Irrigazione Ovest Sesia. Ultimati i lavori per la costruzione del canale Cavour, l’Associazione Ovest Sesia non ritenne di aver esaurito il suo compito, ma continuò ad occuparsi di altre aree della zona, finendo per avere al suo attivo, dalla data di costituzione al 1884, ben 23 nuovi canali, pari a circa 80.000 metri di sviluppo. 

Negli anni Dieci del XX secolo la mano pubblica riprese l’iniziativa nei confronti dei canali vercellesi. Tra il 1909 e il 1910 promosse l’ingrandimento del Naviglio d’Ivrea, dal canale Depretis al Cavour, per portare a questo le acque della Dora, come già era avvenuto per il canale Farini. In questi anni nasce anche la Stazione sperimentale Idrometrica di Santhià, alla periferia del paese, sul Naviglio d’Ivrea. Fu concepita negli anni ’60 dell’Ottocento ma sul Canale Cavour, per misurare nel modo più esatto possibile la quantità di acqua distribuita agli utenti della rete di canalizzazioni che, con la realizzazione del Canale Cavour, con il pagamento del contributo irriguo e con la nascita dell’Associazione Ovest Sesia, doveva essere gestita sempre più con criteri di equità ed efficienza. La Stazione fu realizzata nel 1907. Si tratta di una riproduzione in scala 1:1, su un’area di circa 2.000 mq, di tutte le tipologie di opere di presa e di derivazione presenti (ai tempi) nel vercellese e novarese. Facendo stramazzare l’acqua sui diversi modelli con diverse superfici, conoscendo il livello di riempimento a monte e facendo aumentare l’altezza dell’acqua per fare aumentare la pressione nelle bocche, si osservavano i tempi di riempimento delle vasche e si potevano calcolare i diversi volumi di acqua forniti dalle diverse infrastrutture in un determinato intervallo di tempo.

Le attività di sperimentazione cessarono nel 1922 e, attualmente, l’area con le vasche e la palazzina uffici realizzata in un interessante stile liberty, sono sorvegliate dalla Coutenza Canali Cavour. Negli anni del Dopoguerra, l’attività più impegnativa fu dedicata a portare l’acqua nelle zone di Baraggia. Nel 1950 viene costituito il Consorzio di Bonifica della Baraggia vercellese, che ancora oggi gestisce l’irrigazione nelle aree risicole sottratte alla brughiera tra Biellese e Vercellese. A partire dagli anni 60-70 il Consorzio avvia un grande piano per la realizzazione di invasi nelle valli pedemontane biellesi. A servizio del riso arrivano così anche i laghi artificiali. Nel 1975 inizia ad operare l’invaso dell’Ostola, nel 1992 quello del Ravasanella e nel 2002 diventa operativo l’invaso dell’Ingagna.

 

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